Giovedì, 07 Marzo 2019 22:35

Essere donna in Croce Rossa: la storia di Marcella

 

Di donne, soprattutto durante il mese di marzo, si parla sempre molto: della loro sorprendente forza, della loro sensibilità, della loro capacità unica di vedere il mondo da un punto di vista tutto speciale. Ma cosa succede quando queste qualità vengono applicate al mondo del soccorso e del sociale? Cosa accade quando una di loro entra a far parte di Croce Rossa, portando con sé il grande bagaglio delle sue peculiarità? Per scoprirlo abbiamo scelto di parlare con una figura davvero insostituibile per il Comitato di Brugherio, in servizio da 28 anni e punto di riferimento per tantissimi volontari: Marcella, che contagia tutti con il suo entusiasmo dal 1991.

«Ho iniziato per gioco intorno ai 20 anni – ha raccontato, sorridente -, degli amici facevano parte di Croce Rossa quando ancora la sede del comitato si trovava in centro a Brugherio, in una posizione strategica: era infatti facile passarci del tempo, andare a trovare degli amici, fare conoscenze e, come nel mio caso, entrare poi a farne parte. In seguito ho vissuto il trasloco all'attuale sede, che ritengo comunque un luogo importante: passano sicuramente meno persone, ma se passano è perché sono interessate davvero, mai per caso».

Un ingresso in Comitato che già allora si prefigurava come segnale di una piccola rivoluzione: «Sono stata la seconda autista donna – ha raccontato Marcella –, ed essere donna in un ambiente molto maschile, dato che già nei '90 c'erano molti più uomini, non è sempre stato facile, ma sicuramente ne ho vissuto principalmente le positività: c'è infatti, oggi come allora, una grande cavalleria. Non è un caso che ancora oggi io mi senta a mio agio a trascorrere il mio tempo con gli uomini: sul lavoro sono l'unica donna».

Marcella ha infatti una vera e propria "doppia vita" in Croce Rossa: un ruolo da volontaria a Brugherio – comitato che l'ha vista crescere e con il quale ha instaurato un rapporto profondo – e un'occupazione a San Donato, arrivata nel momento in cui più ne aveva bisogno.

«Da Croce Rossa mi è tornato indietro quel che ho dato come un boomerang: in un momento difficile per quanto riguarda la ricerca del lavoro ho finito per trovarlo proprio in questa associazione; sono ormai quattro anni che lavoro per il comitato di San Donato. Vivo il lavoro e il volontariato molto diversamente, tengo molto a mantenere distinte le due cose. Non ho mai abbandonato il mio ruolo a Brugherio nonostante i diversi cambi di residenza: qui mi sento a casa, libera, leggera, vivo le attività con spirito diverso».

Oggi Marcella non è solo una delle poche donne che guidano le ambulanze, ma è anche formatrice autisti a Brugherio: un ruolo che abitudinariamente vede impegnati gli uomini, e che dimostra quanto spesso si tenda ancora a considerare il ruolo femminile come stereotipato. Marcella è infatti un vero asso alla guida: «Tengo molto alla sicurezza, e questa della formazione autisti è una responsabilità che mi fa piacere avere. Spesso mi accusano di essere un po' severa durante la formazione, ma in seguito vengo ringraziata, perché è proprio grazie alle mie insistenze che i futuri autisti sanno come comportarsi in situazioni fuori dall'ordinario e a risolvere i piccoli problemi che spesso si trovano ad affrontare. Quindi sì, sono severa, ma a buon rendere!»

In un vasto ventaglio di associazioni di soccorso e volontariato tra cui scegliere, perché oggi la tua scelta ricadrebbe ancora su Croce Rossa? «Sceglierei, e scelgo ogni giorno, Croce Rossa perché è un parco di divertimenti di attività: ho variato diversi campi, dai clown fino alla Protezione Civile di CRI, oggi mi dedico alla logistica, alle raccolte fondi e agli eventi, insomma quando posso cerco di aiutare gli altri e il Comitato».

L'8 marzo si celebra la figura femminile in tutto il mondo, ricordando sia le vittime di discriminazioni e violenze sia le grandi conquiste ottenute dalle donne nel corso della Storia.
Dato il tuo forte carisma – non a caso vieni definita come "In grado di vendere le forchette ai cinesi" – e la tua lunga esperienza nel volontariato, come donna inserita in un contesto che per tanti anni è stato appannaggio maschile, quali credi che siano le grandi qualità femminili?

«Spesso noi donne siamo più forti nell'affrontare determinate situazioni, sia emotivamente che fisicamente; fortunatamente io non ho mai vissuto la mia femminilità in modo negativo: se ho scelto di confrontarmi in un ambiente a così alta prevalenza maschile è perché mi ci sono sentita bene – ha spiegato Marcella –. Noi donne non siamo cosi deboli come lo stereotipo vorrebbe, anzi: c'è una reale uguaglianza tra uomo e donna, io stessa la percepisco, e ora la si cerca anche a livello lavorativo perché si è finalmente capito che attraverso l'inserimento delle figure femminili si possono andare a riempire delle grandi lacune».

Spesso le donne vengono definite come più sensibili, più empatiche. È così anche nella tua esperienza come soccorritrice?

«Io con i bimbi gioco molto, e con loro con gli anziani: nei confronti di queste categorie ho un approccio che i miei colleghi uomini non hanno. In questo vedo una sensibilità differente. Cerco di chiacchierare, di distrarre la persona, di donarle un pezzetto di vita anche durante il trasporto: a volte è un sorriso, altre una lacrima, altre ancora una semplice stretta di mano: so asciugare le loro lacrime o piangere insieme a loro, condividere le emozioni senza vergognarmene; l'uomo piuttosto ci scherza su. Se un paziente decide di condividere un momento intimo di sé sta regalando tanto, ed è giusto che io contribuisca sostenendo o condividendo la stessa emozione. Si tratta di un aspetto umano che il maschio, spesso, occulta. Questo non significa che la donna sia fragile, anzi: è più umana e sensibile, ha un'empatia diversa».

Una differenza tra uomo e donna quindi secondo te c'è, al di là delle caratteristiche personali.

«Noi donne siamo diverse dagli uomini, non c'è niente da fare. Loro hanno molte capacità ma a volte si perdono in un bicchier d'acqua. Noi, dalla nostra, abbiamo una praticità e una fantasia che a loro spesso manca. Siamo diversi e, per alcuni versi, complementari. Alcune di noi hanno una mentalità più elastica e adattabile a dei colpi di scena che a volte alcuni uomini non hanno: spesso si tratta di semplice propensione al problem solving. A volte a loro manca un po' di estro».

Tanti ruoli svolti in questi anni, tanti anche come responsabile e formatrice: cosa fa di una donna un leader perfetto?

«Le donne oggi possono ricoprire alla perfezione questa figura, che un tempo veniva destinata agli uomini: per me esserlo significa sapersi sacrificare, essere in grado di ringraziare e non dare mai per scontato il lavoro altrui. Anche per questa ragione apprezzo molto se qualcuno mi ringrazia: fa davvero la differenza. Non sopporto chi si mette in cattedra e da quella posizione privilegiata ordina agli altri cosa fare. Io sono sicuramente una gran chiacchierona, ma nonostante questo so ascoltare: ecco, credo che, al netto delle caratteristiche personali, alcune delle grandi qualità femminili, che sono le stesse che dovremmo sempre cercare in un leader, siano il saper consigliare, il sapersi calare nelle varie realtà, l'essere in grado di mettersi nei panni altrui e di dare spazio».

Marcella ha poi ripercorso velocemente i suoi ultimi anni di servizio alla ricerca di episodi positivi e negativi che l'abbiano coinvolta in quanto donna.

«Il primo episodio positivo che mi torna alla mente è davvero recente, riguarda un evento accaduto in seguito a un servizio che ho svolto solo qualche giorno fa: un'anziana signora, della quale avevo soccorso il marito, mi ha cercato presso il comitato di San Donato, e mi ha fatto recapitare una busta con una dedica e un omaggio per ringraziarmi. Per me si era trattato di un servizio come tanti, ma per la prima volta riconosciuto materialmente. Sarà che in quanto anziani sono un po' all'antica, sarà che non hanno dato per scontato nulla, neanche l'aiuto concesso a titolo gratuito, fatto sta che hanno mandato la loro portinaia a cercarmi per recapitarmi il pacchetto. Inizialmente non ho capito di che servizio si trattasse, poi li ho chiamati per ringraziarli e al suono delle loro voci ho ricordato ogni dettaglio: il signore in difficoltà, il mio aiutarlo a vestirsi, la moglie che si era un po' risentita quando l'ho aiutato a indossare le calze, forse perché si trattava di un gesto che era solita compiere lei e stavo invadendo il suo territorio. Ho ricordato tutto esattamente come lei aveva ricordato il mio nome, perché aveva chiesto esplicitamente di me, Marcella, l'unica donna dell'equipaggio. Ho capito di essere entrata per un attimo a far parte della loro vita e che questo ha segnato loro, ma ha anche emozionato tantissimo me».

Nonostante il clima generalmente positivo che si è creato intorno alla figura femminile nel mondo del soccorso, qualche episodio negativo – se pur sporadico – è capitato: «Come donna mi sono sentita a disagio con dei pazienti che si sono complimentati in modo eccessivamente volgare, perché mi rendo conto che se fossi stata uomo non sarebbe successo. In questo senso è sicuramente impegnativo essere donna. Un'altra difficoltà l'ho vissuta sul piano personale, e sono certa che capiti a molte: in 28 anni diverse persone a me vicine non hanno capito il desiderio di dedicare il mio tempo a Croce Rossa, quasi come si trattasse di un'attività poco concreta. Il volontariato per me è sempre stato una missione, ed è qualcosa che va compreso».

Una missione che è ben riconosciuta dall'associazione: Marcella il 18 dicembre 2017 ha infatti ricevuto la Croce di anzianità per i 25 anni di servizio. Un piccolo simbolo dell'impatto che ha avuto sulle vite delle persone alle quali ha dedicato il suo tempo, e di quanto sia importante la sua presenza per il comitato di Brugherio.

«Con il mio servizio in Croce Rossa mi sono regalata 28 anni di grandi emozioni e di pezzi di vita: sono stata importante per molti anche se solo per pochi istanti, e quei pochi istanti mi appagano tutti i giorni. Spesso per lavoro mi capita di prestare servizio all'ormai tristemente famoso "bosco della droga" di Rogoredo: io, forse in quanto donna, forse in quanto particolarmente empatica, non riesco a non provare emozioni per loro, a non mettermi nelle loro scarpe. Tutti abbiamo vissuto delle disgrazie, io ringrazio il mio carattere per avermi dato gli strumenti per trasformarle in qualcosa di positivo, ma non è una fortuna che abbiamo tutti. Siamo fortunati a essere noi a soccorrere, a poter stare dalla parte giusta: questo lavoro è una panoramica sulla vita che viviamo, e ci può aiutare davvero ad apprezzare ciò che siamo e che possediamo. Mi ha insegnato molto a vedere il bicchiere mezzo pieno, a essere ottimista e positiva, a vivere le mie problematiche in maniera diversa, dedicandomi agli altri. Su una cosa non ho dubbi: io dedico il mio tempo agli altri, ma mi torna indietro dieci volte quello che do».

 

Di Eleonora Riva